Ci sono momenti (per altro momenti di una certa lunghezza, mica pensieri veloci e fatui, cioè, ore e ore di incazzatura pesante, ecco) in cui questo posto (ok, precisiamo, per posto intendo l’Alveareoperoso, ditta maledetta che mi succhia energia e giovinezza) mi perplime (sì, il termine perplime è chiaramente copiato da altre pagine, ma ho assimilato il concetto e adesso dico perplime a vanvera pressoché una volta ogni mezz’ora, embè?).
Ad esempio quando il Gran Capo mi dice (ovviamente non durante l’orario lavorativo bensì a casa, dopo cena, quando uno si spiatarra sul divano e al lavoro non ci pensa e resetta il cervello con una puntata di Sex And The City), ”domattina alle sette sviluppiamo l’offerta tal dei tali (ovviamente annuisco ma non ricordo assolutamente di che offerta si tratta)”, e la mattina dopo, lui arriva bello paciarotto alle 8:45, sostenendo che gli scampi (e ci tiene a puntualizzare che lui mangia scampi, non gamberini, gamberi, gamberoni, no lui mangia scampi, pescati e non decongelati, roba da ricchi insomma) della sera prima gli son rimasti pesanti (pensa se gli scampi avessero mangiato lui, starebbero lottando contro la massa di piombo fuso che egli costituisce, ancora oggi dopo ore 20 dal pasto) e ha dormito male e se n’è rimasto a letto un po’ di più.
Cosa che io pure avrei fatto volentieri (coglione).
Ecco, tutto questo per dire che oggi odio il mio lavoro.